19 Marzo 2018

Ristorante La Taverna, stella Michelin che brilla da 21 anni

A Colloredo di Monte Albano (UD) nell’orangerie del Castello sboccia la primavera

Immaginate di trovarvi a camminare su una lunga strada e di scorgere in lontananza un castello incorniciato dalle Alpi. Immaginate ora un’orangerie, alcune serre e ambienti di servizio di questo castello del Trecento. Immaginate anche che queste siano state trasformate prima in un’osteria, poi in un magnifico ristorante.
Bene, ora non occorre più usare l'immaginazione perché a Colloredo di Monte Albano, da 21 anni a questa parte, brilla una stella...è La Taverna, incoronata dalla Guida Gambero Rosso! La sua storia di successo ha inizio nel 1979 quando Piero Zanini, affiancato dalla moglie Matilde Bonitti e da Vinicio Sant (che si ritirerà nel 2007), prende le redini di una semplice osteria di paese, trasformandola in quella che è ai giorni nostri una curata e deliziosa ristorazione stellata.

Piero Zanini

Piero Zanini

Da settembre 2016 Piero e Matilde si affiancano ad un nuovo compagno di viaggio: Nicola Storti, mente rivoluzionaria della Taverna. Qui sono passati nomi altisonanti della cucina; nel 1997 con Andrea Berton arrivava infatti la stella Michelin, portata poi avanti da Andrea Gabin, Giovanni Tovolaro, Alessandro Scian e Roberto Franzin.

Nicola Storti

Nicola Storti

E arriviamo infine al novembre dello scorso anno quando in cucina arriva Ivan Bombieri, giovane chef veronese con molta esperienza nell'alta ristorazione. Insomma, come potevo farmi sfuggire l’occasione di prendere la macchina e provare questo posticino a solo un'ora da Trieste?

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L’errore è stato forse quello di andarci a cena, perché con il buio non sono riuscita ad apprezzare a pieno il paesaggio circostante. Il paesaggio no, ma i profumi dell'orto, acetosella in primis, sì 🙂 Qui è tutto curato come nel migliore dei giardini privati; Piero ha la passione per il giardinaggio e, aiutato da un ragazzo del paese, cura l'orticello a disposizione della cucina e il prato, tanto che a camminarci non si scorge nemmeno una foglia sul selciato.

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Dal giardino si può ammirare la torre del castello con l’orologio, e nonostante sia ancora racchiusa da un’impalcatura (un intervento di restauro che dura dal terremoto del Friuli) il paesaggio è realmente romantico e qui, in primavera o nelle giornate d’estate, deve essere una vera favola!

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Insomma, per farla breve non ho saputo resistere e sono dovuta correre immediatamente ad assaporare il nuovo menu degustazione primaverile. E vi confesso che essere stata la prima a gustarlo mi ha emozionata non poco 🙂

Eccomi accomodare al tavolo nella sala del camino, 40 coperti riscaldati dal fuocherello, protetti da un soffitto con travi a vista; l'ambiente è rustico ed elegante, splendide le candide tovaglie che sfiorano il pavimento. Ho apprezzato tutto, dalla mise en place ai piatti di Richard Ginori, al cestino del pane fatto in casa che ospitava quattro pagnottelle prelibate: una con il kren, una con lo sclopit, una con le olive e la classica baguette. Tutto qui viene rigorosamente preparato nella cucina di Ivan, dal pane alla pasta, passando per i dolci, non c’è piatto che non esca dalle sapienti mani della brigata.

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Ad accompagnare l’antipasto c’è una buona bollicina di Franciacorta di Gatti. A tal proposito, prima di deliziarvi con il cibo, permettetemi di farvi un piccolo accenno alla carta dei vini che conta più di 2mila etichette e che spazia dal vicino Friuli all’Italia e all’amata Francia. Una visita in cantina è doverosa, qui potrete ammirare annate incredibili, vini interessantissimi, e farvi spaventare da una grata sospesa a 32 metri sopra ad un pozzo originale ancora funzionante dove vengono conservati i vini francesi. Non vi nego che rimanere sospesi sopra al vuoto fa un non so che di...vertigine!

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In questo luogo magico potrete ammirare non solo l’innumerevole distesa di bottiglie, ma pure partecipare ad alcune serate degustazione (per sapere quando vengono programmate e proposte vi consiglio di tenere d'occhio la pagina Facebook della Taverna https://www.facebook.com/latavernacolloredo/).

Partiamo con la cena? Bene, e allora entrée sia. Assaporo una terrina di foie gras con pan brioche, gel di rapa rossa e marmellata di lime. Deliziosa. A seguire ecco arrivare il gambero scottato, soffice di patate al lime, fagiolini, granita di olive nere e pomodoro confit accompagnato da un ottimo Friulano di Faet.

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I piatti di Ivan hanno un leitmotiv ricorrente...gli agrumi! Tra zeste di limone e lime ogni portata risulta fresca e profumata senza l’acidità spiccata del succo di limone. E poi diciamolo, con l'arrivo della primavera ci stanno tutti 🙂

La cucina della Taverna segue stagionalità e territorialità, complici le materie prime che giungono dall'orticello di Piero. Tornando alla cena, ai gamberi segue una battuta di Pezzata rossa, misticanza di asparagi, crema di uovo poché e sfoglia di frico. E qui, davanti agli asparagi, chiudo gli occhi ed esprimo un desiderio, perché nonna mi diceva sempre “alla prima frutta di stagione o verdura devi esprimere un desiderio”...non lo svelo, altrimenti non si avvera!

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Per deliziarmi con il prossimo piatto, ecco un cambio di vino con un Pinot grigio; non fatevi trarre in inganno dal suo colore perché questa delizia dei Vignai Da Duline, è vinificato in bianco ed il rosato è dato dalla sola spremitura.

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E adesso ecco la primavera nel piatto. Tortelli ripieni di zabaione di formaggio Asìno, caviale di tartufo nero e asparagi verdi. Non vi dico niente, valutate voi. E dopo un piatto “nuovo” ecco il cavallo di battaglia della Taverna, bello, deciso e dai gusti inconfondibili della nostra amata penisola. Signore e Signori, I Garganelli de La Taverna: crostacei d’Istria, fumetto di pesce, pane all’aglio e lime.

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Questo piatto mi ha completamente conquistata, vi assicuro che ne avrei mangiato ancora uno. La pasta fatta in casa con la consistenza perfetta sotto ai denti, l’aglio delicato quasi impercettibile, lo zeste di lime che profumava il tutto con i suoi oli ed esaltava i sapori incredibili di questo primo...strepitoso.

Sì ma...non è finita qui. La levetta si alza, vedo arrivare Piero con un Cabernet toscano della Tenuta Col d’Orcia 1995 e già preparo il palato ad accogliere una buona carne saporita. E infatti, ecco l’Agnello a 360°!

Dimenticate il classico carrè, qui assaggerete tutte le parti dell’animale, presentate con diverse cotture e preparazioni. Assaporo carrè, spalla e coscia con una mousse di fegatini al centro. Tutto ciò che rimane viene naturalmente utilizzato per il fondo, un vero concentrato di sapore unito ad una crema di carota e zenzero. Non sono da meno le piccole verdure che, irrorate con un olio fresco alla menta, bilanciano perfettamente il piatto di carne!

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No, non ho finito. In lontananza vedo Piero avvicinarsi con una bottiglietta tra le mani: aguzzo la vista e metto a fuoco un 1990 Sudtiroler, moscato rosa che sprigionerà i più armoniosi sentori di caffè, cioccolata e spezie e che si sposerà d’incanto con il pre-dessert. Cremoso alla camomilla, sedano rapa fondente e gelato alla valeriana selvatica. Un bijou!

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Il dolce vero e proprio? Soufflé ghiacciato alla fragola, terra di cacao, fava di Tonca, lime, yogurt e meringa alla menta.

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Le danze si chiudono definitivamente con la piccola pasticceria e un Bas Armagnac del 1956, il tutto meditando davanti agli ultimi tizzoni del camino.

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Ormai siamo volti al termine di questa esperienza culinaria fatta di storia, passione e territorio, in un clima che definire familiare non basterebbe. Andrea, il mio occhio fotografico, al primo momento disponibile (quando ci siamo accomodati al tavolo dopo il tour del ristorante) mi ha chiesto se avessi bevuto. Vi racconto questo perché nelle sue parole ho compreso che il mio spirito era gioioso ed allegro, senza maschere o impostazioni, ma semplicemente euforico per la scoperta di un posto nuovo nella mia amata regione.

Ah, quasi dimenticavo. Se anche voi volete apprezzare questo menù, il costo è di 90 euro (vini esclusi). Uomo avvisato…! Come? Siete una famiglia con bimbi al seguito e pensate di non poter vedere questo luogo nemmeno col cannocchiale? Sbagliato! Ho la soluzione anche per voi 🙂

Una gita a Colloredo merita, come merita una sosta al “Cence Mantîl” (“senza tovaglia”, in friulano), che altro non è se non un saletta più piccolina che offre un menù più semplice, un servizio informale, piatti della tradizione e della stagione preparati dalle sapienti mani di Ivan e della sua brigata. Il costo è ovviamente più contenuto. Non ci credete? Guardate un po’ qui, ho fotografato la lavagnetta che riportava il menù dei pranzi.

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Ora non avete più scuse. E nemmeno io, perché dovrò tornarci a breve per godere dello splendido giardino con la luce, per assaporare il carrello dei formaggi che non ho avuto modo di provare (altrimenti morivo) e perché Giovanni, mio figlio, deve assolutamente vedere il castello e provare il “Cence Mantîl” 🙂

Ph. Andrea Zangrando

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